La Festa dei Gigli
ricorre la domenica successiva al 22 giugno, festività di San Paolino vescovo
(355-431). Secondo una tradizione risalente al racconto di Papa Gregorio Magno,
il presule Paolino, proveniente da Burdigala (Bordeaux) ed ex Governatore della
Campania convertitosi sulla tomba di S. Felice in pincis, dopo aver donato
tutti i suoi beni per riscattare alcuni Nolani fatti schiavi dai barbari
invasori, offrì spontaneamente se stesso in cambio del figlio di una povera
vedova. Poco dopo l’arrivo in Africa, i rapitori si resero conto della vera
identità e delle eccezionali doti del prigioniero, per cui decisero di
liberarlo e di riaccompagnarlo insieme ad altri suoi compagni a Nola. Qui la
cittadinanza avrebbe accolto il pastore con manifestazioni di gioia ed offrendo
fiori e cerei. Col tempo, le dimensioni dei cerei divennero sempre più grandi
fino ad essere sostituiti dalle attuali macchine.
La descrizione più
remota dei cerei la si trova nel libro De Nola Patria (Venezia, 1514) del
nolano Ambrogio Leone il quale scrisse: «Il giorno prima della festa di S.
Paolino, si fa un altro giro per la città: prima vanno i contadini con falci,
seguendo, come fosse il loro vessillo, una grandissima torcia a guisa di
colonna, accesa e adorna di spighe di grano. Questa torcia è tanto grande che
un sol uomo non può portarla, onde è portata da parecchi ritta su una specie di
cataletto. Viene fatta col denaro raccolto fra i contadini, e ogni anno si
accresce, non solo viene rifatto ciò che si accende percorrendo la città; la
chiamano cereo. Similmente si fa altra torcia da altri, e in questa processione
ciascuno segue la sua, mandandola avanti a sé. Viene poi il cero degli
ortolani, adorno di cipolle e di agli, dietro cui vanno gli ortolani, e di poi
gli altri ceri degli artigiani. Dopo di questi vengono le file dei monaci e le
file dei sacerdoti chierici, l'ultimo dei quali è il vescovo, che porta in mano
le reliquie degli Apostoli, del legno della croce, di alcuni martiri e di S.
Paolino, chiuse in una mano d'argento. Accompagnano il vescovo il conte e il
maestro del mercato, di poi i primari cittadini e il rimanente popolo, tutti a
piedi».
I Gigli, oggi, in
numero di otto, si presentano come degli obelischi in legno alti 25 metri.
L'ossatura è a forma di piramide a tre facce con una base quadrangolare. Il
rivestimento, invece, è costituito da cinque pezzi fatti di stucco e cartapesta
con i quali gli artigiani locali rappresentano un soggetto agiografico,
storico, architettonico, e così via. Ad ogni Giglio corrisponde una
corporazione di arti e mestieri: Ortolano, Salumiere, Bettoliere, Panettiere,
Beccaio, Calzolaio, Fabbro e Sarto. Oltre agli otto obelischi è presente anche
una barca che ricorda il ritorno del
santo dall'Africa. Ogni macchina è trasportata a spalla da circa 120 uomini
(detti cullatori, appartenenti ad un unico gruppo detto paranza) che
si muovono seguendo i ritmi suonati da musicanti e cantanti collocati sulla
base dell’obelisco. La cura della costruzione delle macchine, della raccolta
fondi, della scelta delle paranze e dei cantanti è affidata a nove comitati di festa che, di
anno in anno, richiedono l’assegnazione del giglio e della barca. Il giglio
viene assegnato da una apposita commissione, tenendo conto della anzianità lavorativa
del cosiddetto “firmatario” (colui che firma l’istanza di assegnazione del
giglio) cioè il nolano che ha più anni di esercizio nelle antiche categorie o
corporazioni corrispondenti ai vari gigli.
L’assegnazione del giglio per l’anno successivo avviene quando la
ballata dell’anno in corso non è ancora terminata: alle ore 24.00 della
domenica della festa presso il palazzo comunale
vengono assegnati i gigli aprendo, così, un nuovo ciclo festivo.
La festa eterna trova
il suo clou in due giorni: la sera del sabato successivo al 22 giugno, quando
ciascun Comitato porge il proprio saluto agli altri otto recandosi presso le
rispettive macchine collocate nelle piazze della città; la domenica seguente,
quando le macchine, in mattinata, vengono trasportate in piazza Duomo per
ricevere la benedizione da parte del vescovo della diocesi, mentre dal
pomeriggio fino a tarda notte, tra ali di folla, girano per le vie della città secondo un percorso rituale stabilizzatosi
nel tempo durante il quale le paranze affrontano spettacolari prove di abilità e di
forza.
La Festa dei Gigli è
una manifestazione popolare tradizionale, che presenta una molteplicità di
aspetti tale da considerarla un "fatto totale". Infatti, accanto alla
dimensione religiosa, circoscritta essenzialmente alla devozione per san
Paolino, vanno aggiunti numerosi altri aspetti caratterizzanti: quello sociale,
che emerge nel superamento della stratificazione tra le diverse categorie
sociali durante tutto lo svolgimento della festa; un aspetto giuridico, dato
dalla presenza di norme che regolano l’organizzazione e lo svolgimento della
festa; un aspetto estetico, che si riscontra nei progetti dei gigli e nelle
canzoni che ogni anno vengono rinnovate per raccontare l’esperienza della festa
da parte dei maestri di festa pro tempore; un aspetto psicologico,
rappresentato dallo sfogo delle tensioni, soprattutto nei protagonisti della
festa; un aspetto ludico legato alla competizione tra i comitati e tra le
paranze; un aspetto culturale sottolineato dal contributo della festa
all’identità cittadina; un aspetto economico legato all’organizzazione della
festa, ma anche all’indotto economico che essa comporta per il territorio
nolano.
Gli ultimi due
aspetti, quello culturale e quello economico, hanno acquistato, e continueranno
a farlo in futuro, ancor più peso alla luce dell’evento che nel 2013 ha sancito
un nuovo e fondamentale capitolo nella storia millenaria della festa dei gigli.
Il 4 dicembre 2013, al termine di un iter durato anni, l’UNESCO ha assegnato
alla rete delle grandi macchine a spalla italiane il sigillo di patrimonio
culturale immateriale dell’umanità. La rete, formata nel 2006, comprende la
festa dei Gigli di Nola, la Macchina di Santa Rosa di Viterbo, la Varia di
Palmi, la Faradda de li candareri di Sassari, tutte feste in cui è forte il
connubio tra devozione e tradizione.